Business Vita da bitbulli

Smart working: La nostra esperienza

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Bitbull è un’azienda distribuita fin dalla sua fondazione, lavoriamo infatti in smart working dal 2014. Abbiamo avuto un ufficio fisico solo per un breve periodo ma il team ha lavorato sempre principalmente da remoto.

Visto che in questo periodo molti si sono trovati a lavorare in questo modo, abbiamo pensato di condividere alcuni spunti e metodologie, sperando che possano essere utili per qualcuno che sta iniziando ora, obbligato dalla situazione attuale, ma anche generare un confronto con chi, come noi, lavora in questo modo già da un po’.

Qualche informazione sul nostro contesto: in questo momento siamo una ventina di persone, sparse per una decina di città diverse, principalmente italiane, quindi nello stesso fuso orario. In media ogni progetto si compone di un team di 57 persone, oltre al cliente (o al team del cliente) ed eventuali fornitori e collaboratori esterni. Ci sono quindi molte informazioni che devono passare tra molte persone diverse, e come in realtà capita anche per i team non remoti, una delle difficoltà che incontriamo, è la gestione della comunicazione in modo efficace.

Gli strumenti più conosciuti e immediati quando ci si trova a lavorare da remoto sono la mail, le chat e le call o video call. E’ importante però utilizzare questi strumenti in modo responsabile, in modo che solo i messaggi veramente urgenti interrompano il flusso di lavoro degli altri e che le informazioni cruciali possano essere reperite agilmente in ogni momento e non finiscano disperse tra le mail o in lunghissime chat.

Ecco gli strumenti che utilizziamo in base al tipo di messaggio:

Comunicazioni urgenti o che richiedono di essere in real time

Sono tutti quei messaggi che se ci si trovasse nello stesso ufficio sarebbe comodo portare di persona al destinatario, raggiungendolo alla scrivania. Per questo tipo di comunicazione utilizziamo Slack. Abbiamo un canale per ogni progetto in modo che solo chi lavora su quel progetto riceva aggiornamenti. Con Slack è possibile anche fare video call e condividere lo schermo con la possibilità anche di disegnare/scrivere sullo schermo condiviso. E ovviamente il caro vecchio telefono.

Comunicazione asincrona: pianificazione e documenti di progetto

Per tutte quelle informazioni che devono essere condivise e consultabili ma non è necessario che abbiano immediatamente l’attenzione dei destinatari. Un esempio è la pianificazione del lavoro, quindi chi deve fare cosa ed entro quando. Per questo scopo utilizziamo Redmine, su cui registriamo anche il tempo speso sulle singole attività ( abbiamo sviluppato ad uso interno un’app che consente di tracciare il tempo sui task Redmine, è una versione grezza ma fa il suo lavoro e stiamo lavorando ad un corposo aggiornamento ). Un altro esempio è la documentazione di progetto e gli scambi con il cliente per questa necessità invece utilizziamo Basecamp. Grazie a Basecamp, tutto quello che riguarda il progetto è raccolto in un unico luogo, organizzato per argomenti e consultabile per chi ne ha la necessità. Cerchiamo di evitare il più possibile la mail, che al contrario è molto dispersiva e rischia di escludere chi non è in copia.

Comunicazione persistita: l’archivio

Tutte le informazioni che hanno un tempo di vita più lungo, a volte sono utili per più progetti. Un esempio sono gli articoli tecnici di troubleshooting per difficoltà comuni oppure informazioni generali sul singolo progetto (i contatti del cliente, come vengono gestiti i deploy) per questo tipo di informazioni usiamo Confluence oppure Google Drive. Un altro esempio sono le password di utilità e dei progetti aziendali che condividiamo con Passpack.

Un’ultima esigenza che abbiamo affrontato è stata la necessità che tutti avessero un’idea di cosa succede intorno a loro, sapere in modo informale su cosa stanno lavorando gli altri, se incontrano qualche problema o se sta filando tutto liscio. Quello che in un ufficio corrisponde alle chiacchiere alla macchinetta del caffè. Per questo abbiamo utilizzato per qualche tempo gli heartbeats di Basecamp, ovvero a fine giornata ognuno racconta in poche righe qualcosa dell’ultima giornata di lavoro. Da un po’ di tempo li abbiamo abbandonati, in favore di stand up meeting (15-20 minuti) a inizio giornata, in cui ci raccontiamo molto brevemente cosa abbiamo fatto il giorno prima, su cosa stiamo per lavorare e se stiamo incontrando qualche difficoltà.

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Ovviamente tutte queste buone pratiche non sostituiscono la necessità di incontrarsi di persona, un aspetto molto importante per creare un team affiatato e unito, per questo cerchiamo di incontrarci in occasione di eventi, a volte ci incontriamo a piccoli gruppi per lavorare nello stesso posto e una volta all’anno cerchiamo di incontrarci tutti, quest’anno abbiamo passato insieme un weekend prima delle vacanze di Natale.

In conclusione la nostra esperienza di lavoro in smart working è positiva, effettivamente consente alle persone di risparmiare tempi e costi degli spostamenti, all’azienda di cercare collaboratori senza limiti geografici e investire in modo migliore i costi risparmiati dal mantenimento di un grande ufficio, ed è una scelta che ha un riscontro ecologico anche per l’ambiente, per cui ci auguriamo che venga visto con meno diffidenza e adottato sempre da più realtà.

Tutti gli strumenti e i modi di utilizzarli citati sono oggetto di continue revisioni, siamo sempre attenti a come poter migliorare il flusso di lavoro e la comunicazione, questo articolo non ha lo scopo di indicare una soluzione definitiva ma semplicemente di condividere quello che finora abbiamo provato e di cui possiamo dare un riscontro positivo.

Questo articolo è una versione ridotta e aggiorna del mio talk “Remote working: la mia esperienza in un team distribuito” tenuto al Worldcamp Torino del 2017.

Foto di ThisIsEngineering da Pexels

Articolo scritto da

Federica Villata

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